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Valle dei Ratti

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SLIDE-SHOW DEI FIORI IN VAL CODERA E VALLE DEI RATTI



Un tracking di due giorni organizzato da Sentierando, una società gestita da Paolo, un accompagnatore di media montagna: essa offre trekking e più impegnative uscite su roccia e ghiaccio, con guida.
La Valle dei Ratti parte dal Lago di Mezzola (collegato alla sommità del Lario dal Pian di Spagna) e si inserisce sul lato sinistro orografico dell'inizio della Valchiavenna. E' la prima delle quattro grandi valli, tre sul versante sinistro idrografico e una su quello destro, che sboccano sul piano della bassa Valchiavenna. Il suo solco, lungo circa 11 km, termina all'altezza del Lago di Mezzola, dopo essersi originato dalle alte cime granitiche di confine con la Val Masino.
Lungo il percorso interessanti tracce di archeologia industriale: lungo i tornanti della mulattiera che sale attraverso il fitto bosco di castagni, si incrociano i binari del "tracciolino", strada ferrata su cui negli anni '30 viaggiavano i carrelli con i materiali da costruzioni per la diga della Val Codera.
Il toponimo non vuole richiamare la presenza di infestanti roditori, ma bensì la ricca famiglia comasca dei Ratti, dedita fin dal XIX secolo alla filatura della seta; ad essa appartenevano la maggior parte degli alpeggi.
Da Verceia parte il sentiero che, superando quasi duemila metri di dislivello, raggiunge il roccioso anfiteatro che caratterizza l’alta Valle dei Ratti: lì, sovrastato da scontrose cime granitiche, sorge il rifugio Alessandro Volta, storica costruzione della sezione di Como del C.A.I.; sempre in questo magnifico anfiteatro sorge (spostato verso est) il bivacco Primalpia della sezione di Novate Mezzola del C.A.I.
Subito entriamo nel mondo della bassa Valle dei Ratti, caratterizzata dalla predominanza del castagno, in sostanza l'unica essenza vegetale del ripido versante sul quale passiamo. Sebbene non più curate, le piante, fra cui anche alcuni esemplari imponenti e sicuramente molto vecchi, ci raccontano dell'importanza della castanicoltura sulle Alpi. Questa coltura cominciò a prendere piede nel Medio Evo per poi estendersi sempre più, spesso in sostituzione di boschi naturali preesistenti. Forse la specie vegetale originaria più penalizzata fu il faggio, di cui erano presenti importanti selve, sacrificate sia per ricavarne combustibile, sia per lasciare posto al castagno.
Su un poggio dove sorge la cappella della Val d'Inferno, piccolo tempietto che segna il raggiungimento della soglia valliva, tali cappelle erano sempre poste in punti particolarmente significativi lungo i sentieri. La cappella della Valle d'Inferno non fa eccezione e una scritta, in dialetto, ci tramanda e conferma l'affetto e il legame che i valligiani hanno ancora con questa chiesuola.
Da qui il panorama si apre e lo sguardo può, finalmente, spaziare verso Oriente fin sulle creste granitiche che confinano con la valle Masino. La cresta spartiacque presenta una grande sella divisa da una bifida elevazione minore. A sinistra dell'elevazione si trova il Passo di Primalpia o dello Spluga, a destra quello di Talamucca. Entrambi i valichi permettono di accedere all'alta Valle Spluga, da dove si può scendere in Val Masino giungendo all'altezza del Ponte del Baffo. A Sud la grande sella di cresta è delimitata dal Monte Spluga 2845 m; a Nord, dalla Cima centrale del Calvo 2967 m.
Sulla via del ritorno, raggiungiamo, in una località remota, il paese di Frasnedo, che è sempre stato amorevolmente tenuto dai suoi abitanti, e che fino a non molti anni or sono, era abitato tutto l'anno. Molte case sono state ristrutturate con gusto e semplicità, rimanendo fedeli alle vecchie architetture anche se con qualche concessione al moderno. Questa importante opera di manutenzione è stata resa possibile anche grazie alla teleferica che collega il villaggio con il piano, la quale ha facilitato il trasporto dei materiali.
Passando fra le case in pietra si percorrono alcuni viottoli che permettono di traversare il primo e più importante nucleo del paese. Raggiungiamo la bella chiesa che domina dall'alto con il suo chiaro campanile. Curiosamente si potrà notare che alcune abitazioni sorgono su piccole rogge che sgorgano dalla base dei muri. Tali rogge servivano per tenere freschi i locali/cantina dove si conservavano i prodotti caseari. Una bella mulattiera dal fondo ormai tappezzato d'erba sale in diagonale e, dopo aver traversato un piccolo avvallamento, giunge sul sagrato della chiesa. L'edificio sacro, dedicato alla Madonna della Neve, fu eretto nel 1677, mentre più recente, del 1844, è il campanile. Sulla facciata della chiesa si possono ammirare due affreschi dedicati ai Santi Abbondio e Rocco, separati da un piccolo rosone ottagonale posto sopra l'ingresso. In alto, la facciata è occupata da un affresco centrale raffigurante la Madonna della Neve.
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