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Il Gran Sasso

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Il Gran Sasso (o Gran Sasso d'Italia) è il più alto massiccio montuoso degli Appennini; è contenuto interamente in Abruzzo al confine fra le province dell'Aquila, di Teramo e di Pescara.
Confina a nord con i territori di Pietracamela ed Isola del Gran Sasso d'Italia, ad est con le Gole di Popoli, a sud è limitato da Campo Imperatore (e – oltre i contrafforti del Monte della Scindarella, del Monte Portella e del Pizzo Cefalone – dalla piana di Assergi), mentre ad ovest-nord-ovest confina con i Monti della Laga ed il Lago di Campotosto.
Il Gran Sasso d'Italia è un'area tutelata con l'istituzione del Parco nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga; è il tetto degli Appennini: mostra paesaggi che mutano repentini, dalle ardite pareti di roccia agli sterminati altipiani, fino ai borghi di pietra aggrappati alla montagna. Comprende un territorio montano piuttosto vario: a zone impervie ricche di pareti rocciose e creste, si alternano ampie e solitarie vallate, boschi di faggio, cime tondeggianti a guglie. Malgrado nessuna vetta del gruppo superi i 3000 m, la sensazione che si riceve è quella dell'alta montagna: ampi spazi, dislivelli, cambiamenti di clima resi repentini dalla vicinanza del mare, una stagione invernale assai rigida che rende ogni zona ancora più solitaria e, a volte, quasi inaccessibile.

Questo è stato un trekking di 4 gg, che ho effettuato con l'organizzazione Sentierando:

   1°) giorno.... siamo partiti da Milano, su uma ford carica sino all'inverosimile, anche se poi il viaggio è stato comunque inaspettatamente confortevole. Nostra meta è Prati di Tivo (1645), dove giungiamo nel primo pomeriggio. Mangiamo velocemente un boccone, ci cambiamo, e con una seggiovia saliamo fino a quota 1980 mt presso la chiesetta della Madonnina del Gran Sasso. Il tragitto dura circa venti minuti e si è svolto in un piacevole silenzio, turbato solamente dal cigolio delle funi, delle carrucole, dai nostri richiami e dalle nostre chiacchiere. Dopo una connsueta seduta di foto e ci apprestiamo a salire al rifugio Franchetti tramite il sentiero Ventricini. Il panorama assomiglia ad una escursione alla Grigna Meridionale, la direttissima al rif. Rosalba, però senza il panorama mozzafiato del logo sottostante. Paolo continua a dirci che il Gran Sasso non ha nulla da invidiare alle Dolomiti. In effetti lo spettacolo delle rocce calcaree le ricorda, ma nulla al paragone del "Campanile Basso", delle "Torri del Vaiolet", del"Civetta" and so on.....
Il Sentiero attrezzato Pier Paolo Ventricini contorna il versante Nord del Corno Piccolo. Il Corno Piccolo (2655 m) è la montagna che dà il nome al famoso sottogruppo, incluso nel più ampio gruppo montuoso del Gran Sasso d’Italia, gruppo che presenta le cime più alte dell’Italia Centrale e dell’intera catena dell’Appennino (escludendo il vulcano Etna). L’accesso più veloce e comodo al Corno Piccolo è quello dal versante teramano.
Dopo una lunga e faticosa salita, ma anche divertente, per le scalette e corde fisse che sono presenti, arrivimo alla sella dei Due Corni, dalla quale si vede il sottostante rif. Franchetti, che in breve raggiungiamo e trascorriamo la prima notte.. (senza doccia calda, ma neanche fredda....)

   2°) giorno.... ci svegliamo alla mattina (non troppo presto) ed in programma abbiamo la salita al Corno piccolo, al corno Grande, con relativa escursione al minuscolo ghiacciao (o a quel che rimane) del Calderone. Si ritorna alla sella dei due corni (in 15 minuti), si scende nel Vallone dei Ginepri, costeggiando tutte le pareti delle Fiamme di Pietra, fino a raggiungere la larga base del Campanile Livia ed oltre sino ad incrociare il sentiero per la via normale al Corno Piccolo, che non sarà divertente, come immagino possa essere la ferrata Danesi (non molto difficile, a detta di Paolo), ma comunque molto varia nei passaggi e priva di difficoltà. Si raggiunge la sommita' del Corno Piccolo (m.2655) con un panorama impressionante, da dove è possibile ammirare tutti i versanti della montagna, con le tre cime del Corno Grande.
Ridiscendiamo sino ad incrociare il sentiero Ventricini, che risaliamo sino alla sella dei due corni, e da quì iniziamo la salita al corno Grande Occidentale, la più alta vetta degli Appennini (escludendo il vulcano Etna). Si sale faticosamentre per sfasciumi, adesso si attacca il pendio alle spalle del rifugio Franchetti. Si rimonta la morena con pendenza man mano più ripida su terreno spesso gelato; superato questo tratto si entra nello spettacolare anfiteatro che,formato dalle tre vette del Corno Grande, racchiude il piccolo Ghiacciaio del Calderone. Tenendosi sulla destra della conca si traversa sotto le rocce e si risale una strettoia più ripida. Poi la conca si allarga e la pendenza si attenua per raddrizzarsi poco dopo. Si guadagna la cresta terminale per una selletta ben visibile a destra della cima. Una volta in cresta la si segue ed in breve si è in vetta al Corno Grande mt 2912. Da quì il panorama è ancora più vasto di quello visibile dal Corno Piccolo, solo la foschia, ormai presente nelle prime ore del pomeriggio, attenua la visibilità e ci impedisce di vedere il mare. Il Corno Grande è composto di quattro vette: la Vetta Occidentale è la più elevata, risultando la cima più alta degli Appennini (m 2912). Il Torrione Cambi è la meno elevata (m 2875). La Vetta Centrale (m 2893) e la Vetta Orientale (m 2903) hanno un'altezza intermedia fra le due.
Si ridiscende per lo stesso sentiero, verso il rifugio Franchetti, per deviare (in prossimità della sella dei due corni) su un sentiero facile che ci porta alla conca del Ghiacciaio del Calderone. Il ghiacciaio ha uno spessore massimo di 25 metri e una superficie di circa 4,5 ettari ed è, riprendendo la definizione di Claudio Smiraglia (presidente del Comitato Glaciologico Italiano) un piccolo ghiacciaio nero, ovvero un ghiacciaio con poco ghiaccio visibile dall'esterno: la superficie del ghiacciaio vero e proprio, infatti, non è visibile. Nella sua profondità sono osservabili vari strati di ghiaccio, e depositi di fossili. Il Calderone, inoltre, è un ghiacciaio con caratteristica di duplicità; ossia tende a sdoppiarsi, nella parte visibile, in due settori, facenti parti del ghiacciaio maggiore. Dal 2000 il ghiacciaio è, infatti, così diviso durante la stagione estiva.

   3°) giorno.... traversata dal rifugio Franchetti al rifugio Duca degli Abruzzi: risaliamo alla sella dei due corni e continuiamo sul sentiero che porta alla vetta del Corno Grande, proseguimo per il passo del Cannone e la sella del Brecciaio, da qui sotto saliamo il monte Aquila che è una cima del gran Sasso d'Italia, si trova tra campo Imperatore e il Corno Grande. L'accesso alla cima è garantito da un sentiero che passa dalla sella di monte Aquila e da quì svoltando decisamente a destra si giunge in vetta. Mirabile vista sul versante sud del Corno Grande, dell'impressionante valle dell'inferno e sull'adriatico che si staglia all'orizzonte (nelle giornate con ottima visibilità, non è il nostro caso). Dalla cima scendiamo al rifugio Duca degli Abruzzi, finalmente riaperto dopo un lungo restauro, e gestito da una gentile signora Emanuela Pivetta (tel. 347 9309946), volontaria del cai di Roma.
Arriviamo appena in tempo per riparearci da un temporale che si scatena nel primo pomeriggio. Il rifugio ci accoglie, ma a causa dei lavori di ristrutturazione è molto umido, nelle camerata al piano superiore, le brande con i loro materassi, coperte etc. sono intrisi di umidità, quasi bagnati. Passato il temporale decidiamo di salire il pizzo Cefalone, anche questo per la via normale. Lungo il percorsi di avvicinamento il tempo peggiora, e proprio all'inizio della cresta finale, verso la cima alcuni ritornano, mentre io proseguo, ma a pochi minuti dalla vetta Paolo mi impone un dietro front, irritante quanto inutile, torniamo verso il rifugio sotto un temporale che ci inzuppa, con il rischi di fulmini, ma questo sarebbe accaduto anche se avessi speso cinque (dico cinque) minuti per salire alla vetta. Il rifugio ci accoglie con la sua carica di umidità, che non ci riscalda nelle ossa, ho i brividi e non mi passano per ore. Poi saprò che il temporale (dal quale sono uscito indenne) ha fatto due vittime sul monte Prena, travolti in un canalone da uno smottamento di acqua, fango e sassi.

   4°) giorno.... in una splendida mattina scendiamo dal rifugio, attraverso la val Maone, a Prati di Tivo. La giornata è splendida, ed effettuimo una tranquilla passeggiata che permette di apprezzare la valle più bella e sicuramente la più frequentata del gruppo. La cascata del Rio Arno, i pilastri di Pizzo Intermesoli (strutture rocciose del versante Est molto apprezzate dagli alpinisti), la Grotta dell'Oro e Campo Pericoli (la testata della valle) sono i punti salienti dell'itinerario. Si continua sulla sterrata fino ad arrivare alle sorgenti del Rio Arno (1525 mt). Poco più avanti parte il sentiero, sulla destra (salendo), che permette di salire alla Grotta dell'Oro (1680 mt) meritevole senz'altro di una visita.
A Prati di Tivo, riprendiamo l'auto di Paolo che ci porta a Giulianova Mare, passando per Pietracamela splendito paesino, tra i comuni piu' alti della provincia di Teramo Pietracamela e' l'unico ad avere l' intero territorio compreso nel Parco del Gran Sasso - Monti della Laga. Entrando nel paese ci si accorgere subito che si tratta di un borgo di montagna davvero antico, dove molte delle case risalgono al 1500 e addirittura al 1400. A testimoniare le sue remote origini non sono solo la struttura urbanistica e l' architettura delle case piu' antiche, ma anche la cadenza e le inflessioni del particolarissmo dialetto locale. Osservando la vecchia torre che si incontra entrando in paese, ora divenuta casa del canonico, si puo' leggere la data incisa sulla finestra: 1550. La chiesa di San Donato e' del 1530, e quella di San Giovanni e' datata addirittura al 1432. . La chiesetta dedicata a San Rocco risale al 1530, quella di San Leucio (e' il santo patrono) conserva, oltre all' organo in legno, una curiosa acquasantiera con scolpiti animali acquatici tipici della zona. Passeggiando poi lungo le stradine del centro storico, tra le tipiche case in pietra di una volta, ormai quasi tutte ristrutturate, con un po' di attenzione si troveranno la casa de Li Signuritte, con bifore del 1400 ed un crocifisso in maiolica, e la casa di Don Ioani, con lo stemma civico ed iscrizioni scolpite in pietra.
Arriviamo a Giulianova, ci rifocilliamo con una pizza e poi via alla stazione, per rientrare (Paolo con la sua auto va a Roma, sua città di origine). Il viaggio di ritorno con un intercity plus, un incubo degno di un paese del sesto mondo. Sino a Bologna stipati in un corridoio senza aria condizionata con un caldo torrido. Arrivo a Bologna, da orario ufficiale ore 19,45, effettivo: 20,15, il treno si ferma con le ultime carrozze fuori della stazione, scendiamo sugli scambi, rischiando di essere travolti da qualche treno in arrivo, ci precipitimo al primo marciapiede e riuscimo a salire sull'eurostar che ci porta a Milano, dove arriviamo con 10 minuti di ritardo, ma trenitaglia ci chiede scusa (alla faccia dei trenta, dico 30 euri spesi, che si sommano ai 24€ della tratta sino a Bologna).
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